In una fattoria in mezzo alla campagna della Scania viene commesso il duplice omicidio di due anziani coniugi. Quando Kurt Wallander e gli altri poliziotti della squadra entrano all’interno della casa, per tutti la prima impressione è quella di trovarsi all’interno di un mattatoio. In realtà la donna, quando è stata trovata, era ancora viva, ma prima di morire, pronuncia varie volte la parola “straniero”. Le indagini seguono varie piste, ma la fuga di notizie sulle ultime parole dalla donna, con conseguente articolo in prima pagina sulla stampa, provoca le reazioni dei razzisti e la morte di un uomo somalo innocente, che era stato accolto insieme alla moglie e ai nove figli in uno dei tanti campi profughi della zona. A questo punto le indagini da seguire diventano due ed entrambe porteranno alla scoperta di molti segreti. Mentre, grazie all’intuizione di Wallander, l’omicidio al campo profughi verrà risolto alla svelta, quello dei coniugi richiederà un bel po’ di tempo e, soprattutto, tanta testardaggine e pazienza. Ultimata la lettura di questo libro, non so decidermi se il personaggio di Kurt Wallander sia di mio gradimento, oppure no. Mi piace senz’altro la parte umana del protagonista il quale, oltre che con le indagini, deve fare i conti con la situazione precaria del padre anziano, un divorzio ed una figlia che appare e scompare dalla propria vita. Mi è piaciuto il rapporto un po’ più profondo con il collega della scientifica ed il fatto che l’uomo sappia riconoscere i propri limiti, ma per quanto riguarda la parte relativa al poliziotto un po’ pasticcione e un po’ supereroe, mi ha lasciata un po’ perplessa. E poi… quando mai si è visto un investigatore, che ha a che fare con killer sanguinari, girare senza armi?!

Anto Spanò