Ambientato nell’estate del ’86, il protagonista è un ragazzino che scopre di essere malato, ovvero di avere “un problema”, ma non riesce a capire quale, per questo deve subire un intervento, ma non ne comprende il motivo. Sua madre anche se in maniera al quanto brusca si occupa di lui… Ho molto apprezzato il periodo di ambientazione, la scrittura asciutta, in un racconto breve riesce comunque a non dilungarsi, riesce a mantenre una tensione emotiva. I personaggi sono la famiglia e i dottori, ma restano una parte a se, quasi di sfondo. C’è una dimensione di segreto, di violenza implicita, che è evocata più che mostrata. Talvolta questa scelta narrativamente funziona, altre volte lascia la sensazione che manchi qualcosa: una scena, un confronto.
Il titolo evoca memoria, falsi ricordi: ma l’ambiguità tra ciò che è vero, ciò che è percepito, ciò che è immaginato poteva essere esplorata un po’ di più. Si ha l’impressione che Delvo’ stia accarezzando l’idea ma non sempre la porti fino in fondo. L’autore racconta il confine tra adolescenza e età adulta, il peso del silenzio famigliare, la violenza psicologica.
Falsi ricordi è un libro che riesce a colpire con delicatezza: non urla, ma lascia un segno. Fa pensare che crescere non sia solo aggiungere anni, ma riconoscere che alcune illusioni cadono, alcune credenze che davamo per scontate vacillano. Può lasciare un po’ di senso di incompletezza, ma forse è proprio quella tensione non risolta che è parte del suo fascino.
Angelica
