E’ la cronaca di una barbara vendetta annunciata quella che Benedetto Croce racconta nella biografia di Luisa Molina Sanfelice [Benedetto Croce- Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher- Palermo, 2004], una bella donna sposata e con figli, corteggiata da uomini sia repubblicani che realisti. All’epoca dei fatti la Sanfelice era contesa tra il giovane Baccher, esponente filo borbonico che si accingeva con gli altri a congiurare contro la Repubblica Napoletana del 1799, ed il repubblicano Ferdinando Ferri. Le circostanze furono fatali. Il Baccher consegnò alla donna un biglietto che le avrebbe garantito la salvezza quando sarebbero iniziati i tumulti dei controrivoluzionari, ma Luisa ne parlò al corteggiatore repubblicano e la congiura contro la Repubblica fu sventata. Eleonora Pimentel Fonseca, in un intervento pubblico, arrivò a considerarla Salvatrice della Patria, ma il ritorno Borbone, di re Ferdinando IV, segnò la sua condanna a morte. E nonostante lo stratagemma di una finta gravidanza, l’eroina repubblicana non fu strappata alla morte. Sul patibolo, un colpo accidentale partito da un militare tra la folla che assisteva, fece spaventare il boia, il quale fece partire subito la ghigliottina che maciullò le spalle della condannata. Così che il boia fu poi costretto a reciderle la testa con un coltello. Barbara morte per una donna che ha commesso il suo più grande peccato, amare. Buona lettura.

 

recensione di Giuseppe Romito