La polizia francese spara senza esitare, se si trova nelle banlieue. Questa è la tesi di Cloé Mehdi. Enunciata all’inizio e sostenuta fino alla fine di questo libro, tanto che non c’è bisogno di avere una precisa ambientazione: non ci interessa dove siamo, una periferia vale l’altra, la storia non cambia. Il futuro delle generazioni che non sono magrebini, ma neanche francesi non si discosta da quelle dei loro genitori. Nonostante la rabbiosa denuncia, sarebbe un grosso errore ridurre la storia al suo scenario narrativo. Il pregio della giovane e acclamata autrice è quello di aver saputo costruire un intrigante mystery che viene dissipato dal sapiente racconto del protagonista, un ragazzino di undici anni, la cui vita è segnata fin dalla nascita dalle conseguenze di un drammatico avvenimento. La scrittura è quella che io definisco “a metronomo”, frasi brevissime, una sorta di tic tac, a cui ci si potrebbe non abituare, se Mehdi non fosse così brava a far tenere il ritmo. Notevole anche come passa dal punto di vista del protagonista a quello di personaggi secondari, intrecciando la trama come un’esperta giallista, usando fili di varie toni e spessori, mettendone di volta in volta in evidenza uno, senza tralasciarne alcuno. L’incomunicabilità tra i vari personaggi, riflette quella tra gli abitanti delle banlieue e le istituzioni, ma se per quest’ultima l’autrice non dà soluzioni è proprio nel ritrovare i legami affettivi che può risiedere la sola speranza di un futuro. Un libro che consiglio per l’estate, per chi sotto l’ombrellone cerca una lettura non solo scorrevole e di evasione ma soprattutto spunti di riflessione.
recensione di Beatrice Maffei