I monti sibillini sono il quarto massiccio per altezza dell’Appennino continentale, a cavallo tra Umbria e Marche; la catena prende il nome dal Monte Sibilla, sulla vetta del quale si apriva una grotta ora occlusa che la tradizione vuole fosse la dimora della Sibilla appenninica. Questi monti sono fucina di antiche leggende che conferiscono loro un’aura di mistero. E’ qui che è ambientato questo romanzo, tra magia, folklore, paura e stupore. E’ la storia di un padre e di una figlia che hanno speso anni a cercarsi senza trovarsi. A tratti è un racconto poco verosimile e sono i tratti che ho amato di meno perché li ho trovati forzati. E il personaggio di Viola che sembra voler fare di tutto per non farsi amare dal lettore. “Noi siamo tutto e possiamo andare dappertutto” è un ottimo spunto di riflessione che si unisce in parallelo a “Può esserci violenza anche nell’assenza, nella distrazione, in un silenzio”. E’ un romanzo lento, introspettivo, sul perdono, sull’accettazione, sulla scoperta spesso doloroso di chi siamo, da dove veniamo, di chi siamo figli.
Maria Valentina Luccioli