“Mi guardò di sorpresa, e, di colpo, in modo del tutto inatteso, sentii che per tutta la vita avevo amato proprio quella donna!” Si sa, “Il Maestro e Margherita” è un romanzo molto strano, particolare, è qualcosa di inatteso. Woland, un professore di magia nera che incarna Satana, mette in subbuglio la città di Mosca con l’aiuto di eccentrici personaggi che smascherano tradimenti e ingiustizie: in alcune scene, il mago, il suo assistente e il gatto nero mi sono sembrati una Trinità rovesciata. La sua crociata coinvolge il Maestro, un letterato rinchiuso in manicomio, e Margherita, la sua innamorata. È un’opera che divide molto i lettori; c’è chi lo apprezza e chi invece non riesce proprio a digerirlo. Io l’ho trovato geniale. Sono riuscita a divertirmi con quel sottile senso di ironia e di satira che mi sembra permeare ogni riga. La parte meno grottesca è quella dedicata a Ponzio Pilato che invece è intensa e bellissima: penso che il capitolo in cui il pretore romano interroga Gesù mi rimarrà impresso per sempre. Si vede un Pilato completamente diverso da quello che siamo abituati a immaginarci. Viene ritratto nella parte più umana, più debole, lo vediamo come un uomo trascinato dagli eventi e succube della Storia… insomma completamente differente rispetto all’immagine dittatoriale che ci lascia il Credo: “…fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto”. Il romanzo è diviso in due libri: il secondo, a mio avviso, è esageratamente surreale in alcune parti e sono riuscita a comprenderne meno la logica alla base, sempre che di logica si possa parlare in un’opera come questa. In generale però ho apprezzato il romanzo di Bulgakov: prima di leggerlo, bisogna essere pronti alla sensibilità dell’epoca… leggere “Il maestro e Margherita” è un po’ come ammirare un dipinto di Munch: ci si imbatte in tinte forti, in figure surreali e in quel senso di inquietudine che è il tratto tipico della prima metà del ‘900.
Alessandra Micelli