Intervista a Piernicola Silvis a cura di Angelica,  Melania e Lorenzo
A: Bentornati sul canale di “Amo i libri”, oggi sono con la mia collaboratrice Melania. Abbiamo il
piacere di avere oggi con noi Piernicola Silvis, scrittore ma anche molto altro. Io darei subito la parola
a lui per raccontarci qualcosa della sua vita e del suo lavoro.
Silvis: Grazie ad Angelica, a Melania. Sono un dirigente generale della Polizia di Stato in pensione, ho
fatto il questore per sei anni, ho chiuso come questore di Foggia. Ho fatto anche altre cose ma non è il
caso di discorrere adesso, poi mi si è inventata una seconda vita come scrittore di romanzi thriller che
sono quelli che leggo, sono quelli che amo scrivere, ne ho pubblicati sette, due con la Fazi Editore, uno
con la Cairu, svariati con la Sen e prossimamente uscirà un ulteriore romanzo a Giugno/Luglio sempre
con la Sen. Questa è in breve la mia carriera.
M: Io come collaboratrice di Angelica posso dire con grande piacere di avere avuto l’onore e il piacere
di conoscerla di persona, di conoscere questo commissario, ci siamo conosciuto al Premio Bancarella al
quale Silvis ha partecipato con “Gli illegali” e tanto per farvi capire quanto Piernicola ami scrivere e
ami il suo lavoro, quando ci siamo incontrati ha detto “Con tutti questi libri serve una sala
interrogatori” e ci siamo seduti per parlare un pochino. Lui ci racconta molto bene la vita e la storia
degli avvocati, dell’ambito giudiziario italiano e praticamente, per rendervi conto di come lui sia così
amante del suo lavoro, nel retro dei suoi libri scrive questo “Fare il poliziotto è sempre quello che
volevo, ho delle storie da raccontare perché ne ho vissute molte e le ho sofferte tutte”. La domanda che
mi viene spontanea è quanto c’è di Piernicola Silvis dentro i libri di Renzo Bruni?
Silvis: Dentro i libri di Bruni c’è da parecchio di me ma c’è anche poco, nel senso che sicuramente al
contrario di quello che molti mi chiedono Renzo Bruni non sono assolutamente io. Non mi piace
scrivere di me, piace scrivere di persone diverse, non ha la mia faccia, non mi assomiglia neanche, è
una persona completamente diversa. È chiaro però che dovendogli fare avere una vita, degli interessi,
un carattere è ovvio che poi cerchi di dargli quelli che sono i miei interessi, quelle che sono le cose che
mi piacciono; se gli devo far fare una cena gli faccio mangiare un pizza margherita con la mozzarella
piuttosto che il sushi che è un mio gusto personale. Per il resto nel suo modo di essere poliziotto, sì mi
somiglia anche nella mentalità però lui è più furbo di me perché in certi momenti gli faccio fare delle
cose che io non avrei fatto realmente nella mia attività di poliziotto. Quindi sì, c’è una parte di me ma
non è assolutamente simile a me in nessun’altra cosa.
M: Quindi possiamo dire che nei libri che ho letto, chi legge i tuoi libri a differenza di altri polizieschi
dove gli autori leggono e sanno, qui invece tu hai proprio detto benissimo che cosa fa un commissario
proprio per quello che fai è stata una carta per te molto vincente.
Silvis: Beh, io se ho inventato questo mio “eroe” come lo chiamo nei post autobiografici che faccio su
Facebook, l’ho fatto anche perché mi piaceva il mondo dei commissari scritti da autori che hanno fatto
altri lavori nella vita. Mi sembrava giusto che la gente leggesse le vicende di un vero poliziotto che l’ha
fatto nella vita quindi sa perfettamente come si svolgono le indagini più difficili, sa benissimo come
sono i rapporti fra poliziotti e malviventi, poliziotti e magistrati, fra poliziotti e poliziotti stessi, quali
sono le sofferenze, gli orari, le tristezze, le ore e le ore passate in ufficio, si ride poco facendo i
poliziotti, si ride molto poco perché è un lavoro molto serio ed è anche molto stressante. Molta
dell’aurea fascinosa che si vede in molte fiction, che si legge in certi romanzi non c’è, quando c’è un
indagine alla ricerca di un omicida, si aspetta il rientro di una pattuglia che deve fare una perquisizione
sulla droga si sta tesi, non si vede l’ora di finire, quell’aurea fascinosa che si vede nei romanzi
polizieschi nella realtà c’è poco. Ho voluto passare al lettore questo tipo di atteggiamento, di
sensazione perché mi sembra che sia giusto che la gente sappia cosa sono e cosa fanno davvero i
poliziotti, cioè si ride poco e si lavora moltissimo e non sempre con brillanti risultati.
M: Io da lettrice posso dire che ci sei riuscito alla perfezione. Una cosa che mi sono scordata di dire
dello scrittore cioè che Piernicola Silvis è uno scrittore che scrive dell’oggi e dello ieri, perché per
l’oggi ci ha raccontata della mafia foggiana ne “Gli Illegali”, ci ha raccontato di questo zio Teddy che è
questo ragazzo che entra nella mafia e diventa capo di questa società mafiosa che caratterizza l’Italia,
parla anche dello ieri perché in “Storia di una figlia” va anche indietro nel tempo, in un tempo che non
conosciamo bene, non viene raccontato sui giornali. Prima di parlare di questo, sia in “Storia di una
figlia” si mette nei panni di una donna, anche in “La lupa” al centro c’è questa donna che diventa a
capo di questa società. Perché hai deciso sia nell’oggi e nello ieri di raccontare e di immedesimarti in
una figura femminile?
Silvis: Non solo “La lupa” e in “Storia di una figlia” c’è una figura femminile, anche nel romanzo che
uscirà a giugno ci sarà una figura femminile molto importante. Mi hanno anche chiesto in una
presentazione di come mai il questore era una donna, rispondo a questa domanda perché ci sono
colleghi donne e uomini, senza differenza. Per esempio ne “La lupa” la donna era un boss della
criminalità organizzata garganica; mi sembra normale, così come ci sono malviventi uomini ci sono
anche personaggi poco simpatici donne, la vedo come una cosa normale. È anche normale che il
questore sia donna, non ci sono tratti particolari o che possano considerarsi strani. Invece in “Storia di
una figlia” ho fatto un altro ragionamento: nasce da un’idea, dovevo decidere da chi fare narrare questa
vicenda perché sono scelte importanti, sinceramente l’idea di farlo fare a un maschio non mi piaceva in
questo romanzo e allora ho scelto di trovare il punto di vista femminile, di immedesimarmi in una
donna giovane, settentrionale e quindi una persona che fosse all’opposto di me, ma proprio questo mi
ha affascinato. Quando scrivo mi piace entrare nella testa degli altri, sono molto empatico come
persona, l’idea era di entrare nella testa di una giovane donna veronese e scrivere questo romanzo. L’ho
fatta anche molto rigida, anche perché le donne sono molto più rigide dei maschi, anche nel momento
in cui chiude un rapporto non è che lo chiude come facciamo noi maschi, chiude e così ho cercato di
farlo fare alla protagonista di questo romanzo.
A: Io prima di parlare ai lettori di “Storia di una figlia” volevo fare una domanda su “La lupa”, l’ho
trovato parecchio crudo. Le storie che lei ha raccontato, sono cose che lei ha vissuto o che sono state
intorno a lei o sono storie di pura fantasia?
Silvis: Allora “La lupa” effettivamente sono abbastanza crude e toste, mi sono anche un po’ ricreduto
sull’incipit che ho fatto perché mi è sembrato a posteriori anche troppo eccessivo. In realtà non sono
uno che ama il sangue, non faccio incubi notturni, sono uno normalissimo, mi piacciono i thriller come
piacciono a molta gente. In quell’occasione c’è stato un qualcosa che mi ha fatto poi optare per un
taglio abbastanza crudo e deciso all’inizio ma è una cosa che poi ho messo da parte, infatti non c’è
neanche ne “Gli illegali” e in altri romanzi. In realtà in quel romanzo mi sono trovato a dover
descrivere alcuni episodi violenti, diversi omicidi, e la cosa che può sembrare strana è che alcuni di
questi omicidi non sono stati inventati da me ma sono stati davvero realizzati, davvero commessi. Ho
visto anche i video di alcuni di questi omicidi e mi sono detto “perché andare a inventare delle cose
quando ho dei modelli già prefissati e realizzati ?” Non ho inserito i nomi per una questione di rispetto
anche nei confronti dei deceduti però alcune di quelle scene sono vere, sono stati omicidi davvero
commessi. Il problema di questi casi è che se devi descrivere un omicidio mafioso non devi descriverlo
in maniera dolce, se si fa un thriller il lettore lo devi spingere, glielo devi far sentire. Se voi leggeste
“L’ultimo indizio” del 2008 in cui c’è l’autobiografia della cattura di Madonia , è stato molto difficile
raccontarlo, a un certo punto quando siamo scesi dall’auto io e il mio collega il numero 2 di “Cosa
  • nostra” , siamo scesi con le pistole e il colpo in canna, vi assicuro che tutti i commissari spariscono
    perché la viene davvero la paura perché sai quello che succede. In quel caso allora ho voluto fare
    passare al lettore la paura che ho provato io, ho cambiato lo stile di narrazione in quella pagina
    facendolo diventare uno stile un po’ folle, credevo che avrebbe fatto presa e così è stato. La narrazione
    va adeguata alle situazioni secondo me. Ad esempio qualche giorno fa leggevo un romanzo di uno
    scrittore americano, che ha scritto diversi romanzi di questo tipo, che a un certo punto descrive il
    momento in cui due escono da un appartamento e una macchina investe uno dei due, la descrizione era:
    “ Uscimmo dalla casa, attraversammo la strada e Frank fu investito da una macchina”; si nota che la
    penna è stanca perché dopo 30 romanzi non si crea nessun pathos, si deve fare passare al lettore l’ansia
    e la paura altrimenti non sono thriller.
    A: Questa è l’empatia che è in lei che esce qui, perché vuole che il lettore si riesca ad immedesimare
    nel romanzo.
    Silvis: Sì sì, io voglio che soffra il lettore più o meno!
    A: Io volevo spendere due parole per il suo ultimo romanzo, “Storia di una figlia” che ho divorato e
    molto apprezzato! È molto bello, volevo farle alcune domande, ad esempio il nome della protagonista
    è causale o è in memoria della vittima più piccola?
    Silvis: Sì, Anna Sartori è un cognome veronese. Il nome mi serviva un nome che si chiamava Anna, per
    collegarla alla piccola Anna Pardini, una vittima di 20 giorni della strage di Santa Maria Strazema, una
    cosa che mi brucia proprio nel sistema nervoso, 560 persone uccise, donne, vecchie e bambini, una
    cosa da pazzi. Fu un atto terroristico; nel romanzo non sono sceso nei dettagli perché se fossi sceso nei
    dettagli di quello che hanno fatto le SS probabilmente un lettore avrebbe dovuto interromperlo a metà
    libro, infatti se si fa caso a un certo punto, mostro due documenti originali, reali di Benito Mussolini
    che si rivolge all’ambasciatore tedesco dove chiede di fare finire le SS di fare questo perché poi come
    si può pretendere che gli italiani le amino. A un certo punto, c’è una nota del prefetto di Benevento in
    cui lui segnala come si fa nel nostro lavoro, la strage di Caiazzo dove si fanno i nomi e cognomi delle
    persone uccise e le età fino ad anni 1, quando si legge di vittime di anni 1 è impossibile non starci male.
    Quello che fa poi il prefetto di Benevento è particolare e io non l’ho detto, perché a un certo punto fa
    una descrizione di un omicidio, si vede che è rimasto sotto shock anche lui e io ho evitato perché se il
    lettore avrebbe davvero letto quello che scrive il prefetto di Benevento avrebbe chiuso il libro e invece
    l’ho voluto fare nelle ultime due pagine perché le SS si meritino questo.
    A: Un’altra domanda, è stato molto tecnico nella spiegazione sia quando al padre di Anna viene l’ictus
    sia nelle spiegazioni più avanti a livello medico e mi domandavo come ha fatto ad essere così preciso,
    ha fatto studi anche medici oppure si è consultato?
    Silvis; Sì, chiaramente ho chiesto a dei medici, io sono amico e anche parente di medici importanti, ho
    chiesto loro delle consulenze. Per quanto riguarda il fenomeno della memoria genetica quella è stata
    una mia creazione. Anche questo nacque casualmente: mia figlia aveva 20 giorni, era nella culletta, mi
    avvicinai e la vidi che dormiva ridendo, mi chiesi a cosa stesse pensando per farla sorridere nel sonno,
    chiedendomi se non stesse pensando ai ricordi della madre, cosa che mi sembrava impossibile. Mi
    chiesi poi come mai non potesse avere i ricordi della madre, se si trasmettono i caratteri, in fondo le
    memorie non sono altro che degli impulsi elettrici che vengono intrappolati nelle sinapsi fra un neurone
    e l’altro, le sinapsi sono fatte di cellule, quindi perché non si potrebbe trasmettere un ricordo? Da lì poi
    nasce l’autore di fiction ed è venuto il fenomeno affascinante della memoria genetica che potrebbe
    spiegare anche fenomeni scientificamente che vengono creduti fantascientifici e l’ho usato in due libri,
  • in “Storia di una figlia” e anche nel primo che ho scritto, “Un assassinio qualunque” dove veniva fatta
    l’ipnosi regressiva e come in questo caso, essendo un mio copyright mi sono permesso di usarlo due
    volte.
    A: Ha citato uno storico, ho visto che lei è stato molto descrittivo su certe cose, mi domandavo delle
    fonti se è stato soltanto Angelo del Boca? È uno storico?
    Silvis: Angelo del Boca è uno storico molto importante che ha scritto moltissimo sull’impero coloniale
    in Africa e cose di cui nessuno sa nulla. La fonte maggiore è stato un libro di Mimmo Franzinelli che si
    chiama “Le stragi nascoste”, lui è un grande storico bresciano ed è un libro documentassimo, tutte le
    stragi tedesche fatte negli anni Quaranta sono ben documentate. Nel romanzo, cerco di arrivare
    all’origine della violenza dei tedeschi nella seconda guerra mondiale perché non si può credere che
    siano stati più cattivi di noi anzi i tedeschi si possono notare come un faro di civilità però la propaganda
    nazista ha ubriacato una società rendendola schiava, propaganda che viene fatta ancora oggi a livello
    politico. Hilter aveva anche dato ordine che per vincere una guerra c’era un solo modo ovvero essere
    spietati, mettere da parte ogni sentimento di bontà, bisognava essere crudeli e così viene spiegata la
    violenza.
    A: Ultima domanda su “Storia di una figlia”, arrivando alle ultime pagine mi sono domandata se era
    tratto da una storia vera, perché il finale mi ha lasciato questo dubbio, anche per come vedo cambiare
    Anna e vedo che i suoi studi l’hanno portata alla fine a fare scelte diverse da quelle che si era imposta
    all’inizio, e quindi anche la decisione di andare con l’associazione Medici senza Frontiere e quindi mi
    domandavo se è di fantasia o è tratto a una storia vera?
    Silvis: Questo trae origine da un fatto avvenuto a me perché mio padre aveva fatto la seconda guerra
    mondiale e raccontava di essere stato fatto prigioniero dei tedeschi in una fabbrica di birra in Germania,
    dopo l’8 settembre 1943. Diventando grande, iniziai a studiare la storia di questo paese e mi chiesi se
    mio padre mi avesse raccontato magari una bugia, magari era stato un collaborazionista, iniziai a
    informarmi col Ministero della Difesa che era un muro di gomma. Poi pian piano ho potuto saperlo e
    scoprii che era stato vero, però nel mentre l’autore di fiction si era attivato e mi sono chiesto “ e se non
    fosse stato così? Se il personaggio avrebbe trovato un padre collaborazionista ?” E così, unendolo
    all’idea della memoria genetica è nato “Storia di una figlia”. Quindi c’è una verità in qualche modo.
    A: Perfetto! Noi ringraziamo Piernicola Silvis, grazie mille della partecipazione!
    Silvis: Grazie a voi, è stata una bella intervista!