Danio raccontaci, cosa ti ha spinto ad iniziare a scrivere?

Ho iniziato a scrivere nel 2007, anno della mia separazione. In un primo momento ho buttato giù i miei pensieri, quello che stavo provando in quei frangenti e cosa avrei potuto fare per uscire da una crisi che si preannunciava profonda. Naturalmente non li ho mai pubblicati, ma nel corso della stesura mi sono accorto che scrivere mi piaceva, molto più che esprimere le mie emozioni a parole. Alla veneranda età di 45 anni, scoprii un mondo a me sconosciuto ma che mi gratificava in un modo che mai avrei immaginato.

Che tipo di lettore sei? Cosa ami leggere?

Rispetto alla scrittura, sono sempre stato un accanito lettore. Inutile dire che il mio genere preferito fosse il giallo-noir e il thriller, anche se in verità ho letto di tutto. Agatha Christie, Conan Doyle, Poe, ma colui che mi ha catturato più di tutti è stato Stephen King. Il Re mi ha letteralmente affascinato, ho letto quasi tutti i suoi romanzi e ancora riescono a sorprendermi. Negli ultimi tempi ho (colpevolmente) trascurato la lettura, ma conto di rifarmi una volta che arriverà la pensione. Hai pubblicato due romanzi, raccontaci di più.

Il primo è stato “Jack” pubblicato nel 2017 per la collana Crime line edita da PubMe. Ambientato a Londra, richiama vagamente le nefandezze compiute dal suo celeberrimo predecessore, senza tuttavia aver nulla a che fare con quest’ultimo e il suo modus operandi. “Dove si trova il confine tra il bene e il male?” recita il sottotitolo. Questa frase, condurrà il lettore attraverso una serrata indagine da parte di Scotland Yard e in particolare di un investigatore di origine italiana. Il secondo romanzo s’intitola “Una nuova vita” ed è stato pubblicato nel Maggio di quest’anno da Arpeggio Libero Editore. Un giallo classico all’italiana, il primo che ho scritto conscio d’imbarcarmi in più di un racconto.

Cosa consiglieresti a chi vuole diventare scrittore?

Di non perdere mai la speranza e di continuare a inseguire i propri sogni se si ha un obiettivo preciso. Scrivere è un’esperienza meravigliosa, ti da la possibilità di parlare a tutti senza essere interrotto e ciò rappresenta un gran privilegio, e la mia storia ne è un esempio perfetto. Poi ci vuole tanta grinta e perseveranza, il mondo dell’editoria è in crisi ed emergere non è affatto semplice. In più ci vorrebbe anche un pizzico di fortuna, così come avviene in tanti altri campi.

Le difficoltà di essere scrittore quali sono?

Se per difficoltà si intende quella di pubblicare a tutti i costi, sono enormi. Diversamente è se si intende la scrittura come l’ho vista io sin dall’inizio, uno sfogo. Molti affermano che si scrive per se stessi, ed in parte è vero, ma, inconsciamente o meno, alla fine essere gratificati del proprio lavoro fa piacere a tutti, non possiamo nasconderlo. Si dovrebbero scindere le due cose, anche se ammetto che non è affatto facile. In più ci sono le difficoltà logistiche, dovute al lavoro o al tempo che si può dedicare alla scrittura. Per tutta la vita ho svolto un lavoro non faticosissimo ma impegnativo, i ritagli dedicati al mio “hobby” così mi è sempre piaciuto chiamarlo, molto risicati, ma ho perseverato, e questo mi soddisfa appieno.

Le cose belle di questo lavoro?

Essere padroni di ciò che scriviamo. La storia che esce dalla nostra mente è solo nostra, nessuno può cambiarla o modificarla. Siamo gli artefici indiscussi del carattere dei nostri personaggi, del loro modo di comportarsi e del loro destino. Li possiamo plasmare a nostro piacimento, farli azzuffare tra loro oppure creare situazioni sempre diverse. Sapere che qualcuno si prende la briga di leggere, aggiunge soddisfazione e orgoglio per ciò che si sta facendo.

“Una nuova vita” il tuo ultimo romanzo è un giallo, cosa lo rende particolare?

Secondo me, lo rende particolare perché unisce una vicenda fosca alla condizione attuale del protagonista. Uno specchio reale di ciò che sta ancora avvenendo nel nostro paese, un tentativo forse vano di aprire le coscienze e di denunciare chi, con la forza, cerca di prevaricare diritti sacrosanti. Non ho la presunzione di esserci riuscito, ma almeno la consapevolezza di averci provato.

Cosa rende speciale il tuo protagonista?

Antonio Molinaro è un ex carabiniere tutto d’un pezzo. Costretto su una sedia a rotelle per un incidente sul lavoro, si isola dagli altri e assume un atteggiamento ostile verso chiunque cerchi di avvicinarlo. D’un tratto diventa burbero e irascibile, riconosce la falsa pietà e non esita a dirlo in faccia agli interessati. Tuttavia, di fronte alla richiesta di un ex collega, non esita a precipitarsi in suo aiuto. Un uomo d’altri tempi, segnato dalla vita e dagli eventi, ma con ben impressa nella mente la molla che l’ha spinto a intraprendere quella strada, ossia la difesa dei più deboli.

Hai in cantiere un prossimo libro?

Si, è da tempo che ci sto pensando e ho buttato giù qualche riga, ma non di più. Attualmente mi diletto con racconti brevi sulla mia pagina autore, il gradimento è buono e ne sono soddisfatto. Questo non toglie che, non appena l’idea del romanzo prende una forma definitiva, mi concentrerò esclusivamente su quello.

Se qualcuno volesse contattarti o scriverti, dove può farlo?

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Come vuoi salutarci?

Anzitutto rivolgo un grazie enorme a Anastasia De Masi per questa bella opportunità.
In secondo luogo a tutti quelle persone che, come me, riescono ancora a credere nei sogni.

Anastasia De Masi