“La felicità corteggia la luce, perciò pensiamo che il mondo sia felice, mentre la miseria si nasconde tenendosi lontana, così pensiamo che non esista” Questo racconto di Herman Melville non finisce mai di stupire; non a caso è stata creata la definizione di “the Bartleby Industry”, per indicare la vasta produzione di articoli di critica letteraria e studi accademici che da oltre un secolo non hanno mai smesso di apportare nuovi spunti di interpretazione di questo breve scritto, così poco fortunato all’epoca della sua uscita. Un racconto che ha tracciato un sentiero percorso e amato da altri scrittori, da Kafka a Pennac, che fa di Bartleby uno dei personaggi più enigmatici della letteratura. D’altra parte, considerando che il più celebre di Melville è una balena, perché dovremmo aspettarci una lettura semplice? Tutto il racconto è un continuo spunto di riflessione: la scelta del narratore, la dettagliata e realistica descrizione dei tre personaggi comprimari che non hanno gran peso nella storia, in totale contrasto con il mistero di Bartleby, lo scrivano, l’uomo senza tempo e luogo, la cui essenza si condensa in una frase “avrei preferenza di no”, un sussurro con la forza di un grido di ribellione? Bartleby è un uomo che decide per sé stesso, in un luogo come Wall Street – non a caso citato nel titolo- che prenderà sempre più spazio nella storia dell’Occidente, stritolando nei suoi meccanismi la nostra identità o anche lui ne è schiavo? Personalmente vi consiglio di abbandonarvi al semplice piacere della lettura, e considerare Bartleby lo scrivano, come lo racconta Herman Melville, una delle tante storie di Wall Street.