Questo è uno di quei libri che si leggono tutto di un fiato per diversi motivi… i thriller in genere hanno questa peculiarità, cioè di bloccare il lettore nelle spire della propria trama; un altro motivo è la struttura narrativa non particolarmente ricercata, molto semplice e a dire il vero nei primi capitoli anche un po’ scontata. Il paese sperduto tra le montagne, l’inverno che rende tutto più ostile e la nebbia che se fosse uno stato d’animo sarebbe tranquillamente il turbamento, lo smarrimento, fanno apparire la trama come lo stereotipo dei libri di questo genere. Uno dei punti forza di questo romanzo è la comparsa dei personaggi in modo graduale… ognuno di loro entra nella storia senza creare troppo scompiglio con quanto già narrato e la loro voce si mescola bene agli eventi in forma del tutto naturale. Nel corso della lettura si evince che la storia non è poi tanto stereotipata come si pensa, la sensazione è quella di vedere l’incipit come le fondamenta di una qualunque casa ma la costruzione sulle fondamenta è un labirinto dove non si ha traccia di entrata né di uscita. La macchina mediatica che viene messa in atto al fine di “agevolare” le indagini è qualcosa di inquietante; ed è questo un altro punto di forza del romanzo, mettere in luce tutto ciò che verte intorno ad un fatto di cronaca oltre alla vittima e al carnefice! La manipolazione, i segreti, le doppie verità sono le note alte di questo thriller e la morale che ne ho tratto è che la frustrazione, se non viene incanalata verso una risoluzione, prende vie buie e torbide.

 

Anastasia Pisani