Il romanzo presenta la vicenda della protagonista sullo sfondo della Napoli Vicereale, le cui caratteristiche geomorfologiche, monumentali, urbanistiche e persino metereologiche vengono attentamente ricostruite. La storia di Martia, sposa bambina ceduta dalla famiglia a un uomo violento molto più grande di lei, che ella uccide in un estremo tentativo di difesa, viene inquadrata nel più ampio contesto di un Viceregno in cui la vicenda di Giordano Bruno e l’arresto di Giovanni Antonio Summonte creano una cappa soffocante, che fa da preludio alla sommaria condanna della stessa Martia. L’evoluzione di Martia da bambina a donna sensuale, colpevole, agli occhi della gente, della sua stessa bellezza, è seguita con attenzione dallo scrittore, che fa della sua protagonista il simbolo di una condizione umana più generale, quella della persona vittima, in ogni epoca, del pregiudizio e dell’ignoranza. Ponticello elabora una trama avvincente attraverso un’attenta ricostruzione, supportata da una precisa indagine archivistica e bibliografica. Particolarmente efficace, ad esempio, la descrizione puntuale dell’epidemia che colpì la provincia di Napoli e parte di quella di Avellino nell’anno 1600, sinora trascurata dalla letteratura e nota solo in ambito specialistico. Ne emerge il quadro di un Viceregno per molti versi contraddittorio, in bilico fra desiderio di modernità e pesante arretratezza, e di una condizione femminile aggravata dalla miseria culturale, ma anche forte di una rete di solidarietà in grado di offrire l’unico conforto possibile alle sfortunate vittime del sistema. Lo stile è avvincente e la prosa alterna la lingua napoletana –che è altro dal dialetto- a quella italiana, restituendo la vivacità di un idioma cangiante e vivido, che contribuisce a imprimere nella mente del lettore i personaggi tratteggiati efficacemente dall’autore.

 

recensione di Maria Carolina Campone