Ho scoperto da poco Marguerite Duras e me ne rammarico. Sebbene il suo stile sia molto asciutto, diretto e secco, con frasi semplici, a volte quasi senza subordinate, ma non assolutamente banali, si lascia leggere come un fiume in piena, perché quello che abbiamo di fronte è proprio una narrazione scritta tutta d’un fiato. Di fatto la vicenda è quella già raccontata ne “L’amante”, pubblicato qualche anno prima: la storia passionale e proibita tra una ragazzina bianca (la Duras) e un facoltoso uomo cinese nell’Indocina francese negli anni ’20. Perché allora l’autrice la riscrive? Perché un giorno le arriva la notizia della sua morte e sente fortemente il bisogno di sondare di nuovo nella sua memoria, regalare al lettore nuovi dettagli e rivivere le sensazioni vissute decenni prima. Nonostante sia narrato in terza persona e la Duras si riferisca a stessa come “la bambina” e al suo amante come “il Cinese”, ho trovato queste memorie molto più introspettive, e più coinvolte nella storia; infatti, mentre nel romanzo precedente la Duras prende una certa distanza affettiva dagli eventi, qua invece dà sfogo a tutte quelle sensazioni che aveva represso anche nella realtà quasi facesse una confessione. Lacrime assicurate perché in fin dei conti “La storia c’è già, già inevitabile. Quella di un amore accecante. Sempre in divenire. Mai dimenticato.”

Luana Indelicato

 

Libri di Marguerite Duras

Marguerite Duras

1914, Saigon

(Saigon 1914 – Parigi 1996) scrittrice francese. Rientrata in Francia dal Vietnam nel 1932, prese parte attiva alla resistenza durante l’occupazione nazista; deportata in Germania, nel dopoguerra militò nel partito comunista francese, da cui venne espulsa come dissidente nel 1950. Esordì nel 1942, con il romanzo Gli impudenti (Les impudents), e si affermò nel 1950 con Una diga sul Pacifico (Un barrage contre le Pacific), la cui prosa appare influenzata dalla narrativa americana (E. Hemingway, J. Steinbeck) e italiana (C. Pavese). In seguito la sua scrittura, tesa a illuminare i temi dell’attesa, dell’alienazione, dell’incomunicabilità, si è fatta più radicalmente sperimentale (adottando uno stile caratterizzato dalla brevità e dalla frammentarietà, emulo del linguaggio cinematografico), nei romanzi Lo square (Le square, 1955), Moderato cantabile (1958), L’amante inglese (L’amante anglaise, 1967), India song (1974). Con L’amante (L’amant, 1984, portato sugli schermi da J. Annaud) e Il dolore (La douleur, 1985) la scrittrice ha scelto la chiave autobiografica, ma parlando di sé in termini di estraneità. Ha affrontato il tema dell’amore al femminile in età avanzata, contro ogni conformismo sociale, nell’autobiografico Yann Andréa Steiner (1993, in cui narra del legame con l’assai più giovane poeta bretone) e in romanzi successivi: La vita materiale (La vie matérielle, 1987), Emily L. (1987), La pioggia d’estate (La pluie d’été, 1990). La D. scrisse anche sceneggiature (Hiroshima mon amour, 1959 di A. Resnais) e diresse vari film, tra cui India song (1974) Vera Baxter (1976) e Les enfants (1984).