“Storia del cane che non voleva amare” è la storia vera di Mano, un cane che non voleva più amare, e di Monica, la veterinaria che per prima lo aveva curato. Mano, pastore maremmano, era stato ripescato da un canale in Sardegna, in condizioni orribili. Incaprettato e con la museruola per impedirgli di trovare aiuto abbaiando, era stato notato, in procinto di annegare, mentre si dibatteva con le sue ultime forze nell’acqua torbida, da un pescatore che aveva subito chiamato i soccorsi. Osservando quel povero straccio intriso d’acqua e fango disteso sul suo tavolo radiologico, scheletrico e stremato, Monica, veterinaria della clinica “Duemari”, si era detta che non ce l’avrebbe mai fatta. Il maremmano, oramai quasi annegato, stava rivolto con il muso verso il muro, perfettamente immobile. L’unico indizio che fosse ancora vivo era l’impercettibile movimento della gabbia toracica, che a ogni flebile respiro si disegnava osso per osso sotto la pelliccia sporca, intrisa d’acqua e a brandelli. Eppure Monica aveva notato un dettaglio: l’occhio guizzante, dal lato libero della testa, era vivissimo e parlava di un mondo fatto solo di terrore, rabbia e ferocia. Il cane, che aveva conosciuto solo la violenza, sapeva esprimersi solo con violenza, sicché, durante il primo periodo di degenza, appena vedeva le mani dei medici avvicinarsi per curarlo, mordeva senza preavviso, senza ringhiare. Monica, divenuta famosa per i suoi salvataggi in extremis, come quello del cane Palla, non sapeva spiegarsi come fosse ancora vivo e soprattutto non aveva ancora idea che quel «rottame» avrebbe rappresentato una delle sfide più lunghe, ardue e straordinarie che le fossero mai capitate. Dopo lunghi mesi di cure, in cui era necessario, per medicarlo, gettargli una coperta sulla testa per evitare che vedesse le mani avvicinarglisi, Mano era rinato, era tornato ad essere ciò che ogni essere vivente è per natura: un animale affettuoso, in grado di vivere con l’uomo e con altri animali e di condividere con loro emozioni e sentimenti. Due giorni fa, Mano è morto, accudito dalla sua famiglia umana, cui ha regalato anni di amore incondizionato, lasciando un vuoto profondo in tutti coloro che gli hanno garantito una seconda vita. Il libro, struggente e intenso, i cui proventi sono in parte devoluti alla onlus “Effetto Palla”, è una storia incentrata non solo sul legame fra uomo e animale, ma sulle relazioni degli uomini fra di loro e sulle dinamiche sociali. In questo momento difficile e terribile per tutti, la storia di Mano costituisce una speranza e insegna che l’amore vince sempre, anche sull’odio e la barbarie più feroci, anche nei casi più disperati, perché, come spiega l’autrice nella dedica, essa è rivolta “A tutte quelle vite che non trovano chi si impegni a salvarle da un destino avverso. E a chi invece ci prova e non desiste anche quando la guerra sembra persa”. Da leggere assolutamente …anche se fa piangere!!!

 

Maria Carolina Campone

Monica Pais

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Chirurgo veterinario, nel 2003 ha fondato con il marito Paolo la Clinica Duemari di Oristano, dove esercita la sua vocazione di pasionaria prendendosi cura degli animali di famiglia e dei «rottami»: selvatici e randagi, gli «ultimi» del mondo animale. Nel 2016, dopo aver incontrato Palla e averle salvato la vita, Monica ha creato la onlus Effetto Palla. L’organizzazione è diventata una fitta rete di strutture veterinarie e volontari che opera in Italia e all’estero occupandosi di animali in difficoltà, cercando adozioni, affidi e promuovendo progetti di sensibilizzazione. Animali come noi, uscito per Longanesi nel 2019, è il primo libro di Monica. Sempre Longanesi pubblica Storia del cane che non voleva più amare (2019) e La casa del cedro (2020).