David Foster Wallace per alcuni è uno scrittore infinito, per altri uno scherzo non riuscito, una presa in giro che annoia. Stimato da colleghi come Zadie Smith, Dave Eggers e Johnathan Franzen (il loro legame è testimoniato da un rapporto epistolare, forse l’ultimo tra scrittori prima dell’era smartphone); è stato oggetto di aspre critiche come quelle di Bret Easton Ellis che non si sono fermate neanche dopo il suo suicidio. Nel bene o nel male, è indubbio che leggendo DFW abbiamo la sensazione di trovarci davanti allo scrittore che ci ha traghettato nella letteratura del terzo millennio, nonostante non sia riuscito a trovare un approdo. DFW ci ha fatto salire sulla sua barca, con la bussola già rotta e la stella polare  impossibile da individuare nei cieli foschi del futuro; ci siamo trovati a girare in una spirale senza fine. Da quel vortice, DWF è stato catturato, lasciandoci i remi e le vele spiegate per proseguire a navigare. “Brevi interviste con uomini schifosi” potrebbe risultare il modo migliore per approcciarsi a DFW, senza incaponirsi con “Infinite jest” un’opera di oltre mille pagine, cervellotica, piena di digressioni e appendici, che obbliga il nostro intelletto a combattere una guerra per la quale potremmo essere impreparati. Si tratta di racconti sottoforma di interviste. Una donna di cui sappiamo ben poco, con le sue domande diventa lo specchio che riflette di volta in volta il peggio della società, finché non arriviamo a intravedere un nostro riflesso nella galleria di ritratti quasi tutti maschili che DFW allestisce. Stupratori, sessisti, traditori, uomini che sfruttano donne, tanto che se avesse voluto accontentarsi e far approdare il lettore da qualche parte, il tema principale del libro sarebbe potuto essere la misoginia. È giunto il momento di confessarlo: consiglio questo libro perché alcuni racconti risulteranno comprensibili, come quello dell’uomo che per sedurre le donne fa leva sulla pietà, sfruttando la sua invalidità. Altri potrebbero lasciarci perplessi, ma di sicuro alcuni sarà impossibile capirli, sempre se si riuscirà a terminarli. Leggendo “Chiesa fatta senza le mani” la tentazione di sbattere il libro contro la parete e farla finita con DFW dando ragione alla schiera dei suoi detrattori è stata infinita!

Su David Foster Wallace, sarebbe presuntuoso e pretensioso esprimere per me un giudizio, ma con certezza affermo che gli voglio bene. Mi spiego meglio. Preferisco di gran lunga leggere Johnathan Franzen e Bret Easton Ellis, ma non ho nessun sentimento amicale nei loro confronti. Invece per DFW mi si stringe il cuore e non solo per la sua morte. Lo scrittore che viene fuori dalle sue opere è un amico, uno di quelli con cui ridere tanto e fingere di ascoltare nei suoi discorsi più noiosi; l’amico che abbracci anche se è sudato, l’amico che ti spiega che gli uomini sono schifosi, guardando una partita di Federer, quello che prega per te, quello a cui si perdona tutto. Tutto, tranne di essersene andato troppo presto.

 

Beatrice Maffei