Marina

I carri d’argento e di rame
Le prue d’acciaio e d’argento
Battono la schiuma,
Sollevano i ceppi dei rovi.
Le correnti della landa,
E le carreggiate immense del riflusso,
Filano circolarmente verso est,
Verso i pilastri della foresta,
Verso i fusti del molo,
Che turbini di luce investono in un angolo.

Marine

Les chars d’argent et de cuivre
Les proues d’acieret d’argent
Battent l’écume,-
Soulèvent les souches des ronces.
Les courants de la lande,
Et les ornières immenses du reflux,
Filent circulairement vers l’est,
Vers les piliersde la foret,
Vers les ruts de la jetée,
Dont l’angle est heurté par des tourbillons de lumière.

Jean Nicolas Arthur Rimbaud  (Charleville, 20 ottobre 1854 – Marsiglia, 10 novembre 1891) è stato un poeta francese. Viene riconosciuto come uno dei poeti e personaggi francesi più importanti dell’800 e di tutti i tempi. Fu considerato un prodigio poedito e alunno modella già da giovanissimo, e pubblicò le sue prime poesie alla sola età di 17 anni. Rimbaud fu uno dei poeti maledetti insieme a: Paul Verlaine, (con cui mantenne un amicizia e più avanti una relazione amorosa tormentata), Léon Valade, Ernest d’Hervilly e Camille Pelletan. In piedi: Elzéar Bonnier, Emile Blémont e Jean Aicard. Furono celebri anche i suoi viaggi come in Africa (in particolare in Somalia e in Etipoia), Italia, Spagna, Indonesia, Germania, Belgio Svizzera e molti altri. Tra i suoi capolavori ricordiamo, L’illuminazioni, Tutte le poesie, e Una stagione all’inferno ecc. Il 20 ottobre del 1854 nasceva a Charleville, Arthur Rimbaud da Frédéric Rimbaud e Marie Catherine Vitalie Cuif. Il 10 novembre del 1891 moriva a Marsiglia, Arthur Rimbaud a causa di una gangrena.

 

Un tempo, se ben ricordo, la mia vita era un festino dove si schiudeva ogni cuore, ogni vino scorreva.
Una sera, feci sedere la Bellezza sulle mie ginocchia. — E la trovai amara. — E l’ingiuriai.
Mi armai contro la giustizia.
Fuggii. Oh streghe, oh miseria, oh odio, a voi il mio tesoro fu affidato!
Riuscii a cancellare dal mio spirito ogni speranza umana. Su ogni gioia per strangolarla feci il balzo sordo della bestia feroce.
Invocai i carnefici per mordere morendo il calcio dei loro fucili. Invocai i cataclismi per soffocarmi con la sabbia, il sangue. La sciagura fu la mia dea. Mi stesi nel fango. Mi asciugai al vento del crimine. E giocai brutti tiri alla follia.
E la primavera mi portò il riso orrendo dell’idiota.

[Gabriele-Aldo Bertozzi, Newton, 1995]

“Incipit, Una stagione all’inferno”