Tu m’ami? oh gioja! i tuoi raggianti sguardi
Gira dunque ver me pietosi un poco;
Tua parte prendi del mio immenso foco,
O in me saetta men pungenti dardi.

Deh come dolce amorosetta sguardi!
Oh qual ne’tuoi begli occhi Amor fa gioco!
L’alma già già non trova in me più loco :
Or via, se m’ami, a m’aitar che tardi?

Tremule spesso e languidette io vidi
Le tue negre pupille umide farsi;
Nè par che sola in lor pietà si annidi.

Dicon tue luci : È poco amor giurarsi:
Dicalo il labro alfine; ond’io poi gridi:
Felice il dì ch’io venni, e vidi, ed arsi.

ll conte Vittorio Amedeo Alfieri (Asti, 16 gennaio 1749 – Firenze, 8 ottobre 1803) è stato un drammaturgo, poeta, scrittore e autore teatrale italiano. Viene considerato come uno dei poeti e scrittori italiani (di madrelingua piemontese) più importanti dell’epoca, percussore dell’epoca romantica, fu molto importante per la letteratura futura, le sue tragedie come Antonio e Cleopatra,  Antigone, Filippo, Oreste, Saul, Maria Stuarda, Mirra, riuscendo ancora oggi ad avere un riconoscimento. Fu anche noto per i suoi viaggi in Europa, riuscendo ad avere anche dei contatti con dei regnanti come Luigi XV e Federico I. Il 16 gennaio del 1749 nasceva a Asti, ll conte Vittorio Amedeo Alfieri da una nota e importante  famiglia nobile dell’epoca gli Alfieri, Monica Maillard de Tournon  e Antonio Amedeo Alfieri. Muore l’8 ottobre del 1803 a Firenze, a causa forse di gotta o artrite che lo tormentava da qualche anno.

 

 

Il parlare, e molto più lo scrivere di sé stesso, nasce senza alcun dubbio dal molto amor di sé stesso. Io dunque non voglio a questa mia Vita far precedere né deboli scuse, né false o illusorie ragioni, le quali non mi verrebbero a ogni modo punto credute da altri; e della mia futura veracità in questo mio scritto assai mal saggio darebbero. Io perciò ingenuamente confesso, che allo stendere la mia propria vita inducevami, misto forse ad alcune altre ragioni, ma vie più gagliarda d’ogni altra, l’amore di me medesimo; quel dono cioè, che la natura in maggiore o minor dose concede agli uomini tutti; ed in soverchia dose agli scrittori, principalissimamente poi ai poeti, od a quelli che tali si tengono. Ed è questo dono una preziosissima cosa; poiché da esso ogni alto operare dell’uomo proviene, allor quando all’amor di sé stesso congiunge una ragionata cognizione dei propri suoi mezzi, ed un illuminato trasporto pel vero ed il bello, che non son se non uno.
“Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso”