Obiettivo di Alessandro Manzoni è narrare la storia dal punto di vista degli ultimi e affrontare il problema del male. L’episodio, che doveva essere parte del Fermo e Lucia, viene rielaborato dall’autore e compare come appendice dell’edizione quarantana dei Promessi sposi. Manzoni, da intellettuale lucido e razionale analizza la vicenda, rivolgendo una particolare attenzione allo sviluppo della mentalità comune presente perfino negli uomini colti, che considerava la peste non come una malattia, bensì un germe del male, provocato dagli “untori” che facilitavano l’espansione del contagio. La vastità e frequenza degli ungimenti portarono la popolazione a ipotizzare complotti di vario genere per giustificare l’operato degli untori. Una teoria diffusa era quella di un’origine demoniaca della pestilenza con la presenza in città di un ricco demonio che avrebbe compensato gli untori. Il Manzoni racconta una storia di ingiustizia terribile e paradossale ma vera. Il suo non è un saggio storico, né un breve romanzo storiografico, bensì una lucida analisi di ciò che la legge può permettere agli uomini di cattiva volontà. La sua analisi dell’animo umano e della perversa ricerca del colpevole a tutti i costi svelano una storia a due facce, permettendo al lettore di scoprire le molteplici facce della verità. Un commento alla Storia della colonna infame, di Leonardo Sciascia, fa comprendere ancor meglio come questa opera manzoniana, sia ancora molto attuale. Aggiungerei dire, proprio odierna. Non vi resta ch leggerla per commentare la sua attualità. Buona lettura.

 

Giuseppe Romito

 

Libri di Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni

1785, Milano

Sua madre Giulia Beccaria, figlia di Cesare, il famoso giurista e filosofo, aveva sposato controvoglia Pietro Manzoni, ricco possidente del lecchese, assai più anziano di lei; Alessandro nacque dopo due anni e mezzo di matrimonio, e probabilmente fu il frutto di una relazione adulterina con il più giovane dei fratelli Verri, Giovanni. Il matrimonio ebbe breve durata e nel 1795 Giulia andò a convivere con il conte Carlo Imbonati, con il quale si stabilì a Parigi.