“Terre selvagge” di Sebastiano Vassalli è un romanzo storico ambientato nel 101 a. C. nei Campi Raudii, dove si tenne lo scontro definitivo tra il popolo dei Cimbri e i Romani. I Cimbri, provenienti dalla Scandinavia, avevano attraversato tutta l’Europa, sostenuti anche dall’alleanza con Teutoni ed Ambroni, ed erano giunti al cospetto del monte Ros, monte sacro per i Galli, alla ricerca di una sorta di terra promessa in cui stabilirsi definitivamente. Erano un popolo di guerrieri molto forti, ma poco organizzati nelle tattiche militari, eppure erano stati in grado di sconfiggere l’esercito romano, arrecando loro un numero grandioso di perdite. Ed era per questo che, Caio Mario, l’uomo nuovo, aveva convinto il Senato di Roma ad integrare l’esercito con servi ed italici. Caio Mario, ricostituito l’esercito, era deciso ad annientare i Cimbri e a riconfermare la potenza di Roma. Si diresse, quindi, verso i Campi Raudii, l’attuale Piemonte, per ottenere il suo obiettivo. La zona era allora paludosa e selvaggia, poco adatta ai Cimbri, i quali erano abituati ai climi più freddi. L’impresa per i Romani non fu semplice e la lotta durò 4 giorni interi, procurando vittime da entrambe le parti. I Cimbri furono annientati e le donne si occuparono di uccidere gli ultimi superstiti, che non erano state in grado di proteggerle, i propri figli e loro stesse, contribuendo così all’annientamento totale del proprio popolo. In questo contesto, Vassalli racconta anche la storia del fabbro Tasgezio e di Sigrun, figlia di uno dei più valorosi capi tribù dei Cimbri, che scampano alla morte perché destinati dai loro rispettivi dei ad una vita comune. Il libro è sicuramente istruttivo perché tenta di ricostruire un episodio cruciale della storia antica, smascherando, da una parte, le bugie del resoconto fatto da Silla, acerrimo nemico di Caio Mario e dall’altra accompagnando il lettore in quei luoghi desolati con le sue descrizioni dettagliate dei paesaggi e degli insediamenti militari. L’ho trovato, però, un po’ troppo ripetitivo per i miei gusti e poco centrato sui due giovani personaggi, che lui stesso definisce “i protagonisti di questa storia”. È comunque un libro che sento di poter consigliare a chi ama la storia di Roma e le sequenze descrittive.

Anto Spanò