Dacia Maraini
La lunga vita di Marianna Ucrì

È stato fatto osservare correttamente che, ancor prima della storia della protagonista, questa è la storia della Sicilia di inizio ‘700 vista da una prospettiva diversa rispetto a quella di Verga con i suoi pescatori e i suoi contadini.
Questa è la Sicilia nobiliare, popolata dalle grandi famiglie titolate proprietarie di feudi indivisi e di ville classicheggianti affrescate, contornate da lussureggianti giardini di limoni e aranci.
Una nobiltà inalterata, precedente alle idee illuministiche, non già insidiata dalla scure affilata della Rivoluzione francese, non ancora decaduta e avviata verso il baratro come descritta da Tomasi ne Il Gattopardo.
I duchi, i conti, i marchesi, se non addirittura i principi dai nomi altisonanti, fanno parte di una sorta di casta che si perpetua nei secoli, indefessamente, incoercivilmente, preservata da matrimoni combinati tra consimili e affini.
Fa da corollario uno stuolo di servi, lacchè, famigli, staffieri, domestici, contadini e cuoche, tutti asserviti ai voleri e capricci di questi parassiti sociali che sembrano vivere in un altro universo ricordando la società castale indiana.
Unico fattore comune con il popolo è la malattia: anche loro, spesso, si ammalano e muoiono lasciando sguarniti alberi genealogici secolari e stemmi araldici.
Marianna è figlia di un duca, è vivace e intelligente sebbene afflitta da una grave menomazione: il sordomutismo.
Ancorché giovanissima viene condotta dal padre ad assistere ad una esecuzione di piazza con lo scopo, consigliato da un medico (sic), di farla guarire dalla sua menomazione provocandole un forte choc. Tutto vano, anzi la ragazza ne esce terrorizzata.
A tredici anni viene data in sposa a uno zio più anziano detto Il gambero perché veste sempre di rosso acceso, malinconico accigliato triste individuo.
A vent’anni si ritrova con una pletora di figli da crescere, nell’indifferenza del coniuge interessato solo all’araldica e all’amministrazione del patrimonio.
Marianna vive tutto l’anno nella grande villa di Bagheria. Unica consolazione la biblioteca ove si chiude per giornate intere isolandosi dal suo mondo di prigione.
Lutti, nascite, eventi si susseguono a scandirle una vita sacrificata e immolata all’altare della devozione.
L’opera è un grande dipinto di certa nobiltà retriva e refrattaria, impermeabile a qualsiasi apertura, affetta da una malattia lenta ma inesorabile, che la porterà alla definitiva scomparsa dalle pagine della storia.

Maurizio Faravelli

 

Editore: Rizzoli
Collana: Scala italiani
Anno edizione: 2002
In commercio dal: 13 novembre 2002
Pagine: 264 p., Rilegato
  • EAN: 9788817871891