“Dodici rose a Settembre” è uno di quei libri che è rimasto sul comodino per lungo tempo, apprezzando molto la scrittura di Maurizio de Giovanni l’avevo riservato per un momento di tristezza, sapevo che la magistrale penna che ha partorito la serie de “I bastardi di Pizzofalcone”, mi avrebbe risollevato il morale.

Mina Settembre è un’assistente sociale in un consultorio nel cuore dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Un lavoro mal pagato, ma che la impegna e soddisfa professionalmente. Ha quarantadue anni e, dopo il divorzio, è tornata a vivere con la madre, il suo “Primo problema”, il peggiore dei due. Concetta, la mamma, è una di quelle persone che se s’incontrasse nella realtà sarebbe una conoscenza odiosissima, ma che, invece, nel romanzo diventa uno dei personaggi più esilaranti. Con la sua sedia a rotelle, il cui cigolio ritmico ricorda a Mina di volta in volta una canzone, si aggira per casa tormentando la figlia.

“Il senso pratico consiste nel pensare al futuro. Il pensare al futuro consiste in una sistemazione economica. La sistemazione economica consiste nel trovarsi un uomo. Trovarsi un uomo significa sceglierne uno, facoltoso e vulnerabile, e dargliela con parsimonia e progressivamente. Il che mi pare fuori dalla tua operatività da molto tempo, o sbaglio?”

[…]

“Guarda le tue amiche: si può fare una graduatoria precisa, quelle che stanno meglio sono le più zoccole. Non certo le più capaci professionalmente.”

Mina quotidianamente è costretta a scalzare gli assalti della madre e non solo, e soprattutto ad affrontare i problemi di chi si rivolge a lei nel consultorio. Spesso fatica ad affrontare giornate pesanti, dove tutto sembra coalizzarsi per renderle la vita difficile.

“Mina credeva nella ‘Giornata di Merda’.

C’era qualcosa nella sequenza degli eventi che li rendeva unidirezionali, che li sistemava e li disponeva in maniera tale che andassero nello stesso verso. Immaginava una qualche riunione in un posto segreto, una soffitta o uno scantinato, in cui alla spicciolata o col volto coperto, guardandosi intorno circospetti, arrivavano uno alla volta coloro che avevano poteri decisionali sulla sua vita, e si accordavano affinché tutto le andasse storto. Un tavolo rettangolare, lungo, sua madre che dava l’avvio all’incontro in qualità di presidente, dichiarando aperta la seduta, e via gli interventi. La cosa doveva funzionare benissimo, perché una volta avviata la Giornata di Merda (che lei per comodità sintetizzava tra sé con l’acronimo GdM) proseguiva scorrendo come una sinfonia fino alla fine, senza che nulla ne alterasse la perfezione.”

Altro personaggio spassoso è Rudy Trapanese, il portiere del condominio dove ha sede il consultorio, che crede di essere uguale a Rodolfo Valentino, si rivolge a Mina parlando non al suo viso, ma al suo prospero seno, il suo “Problema numero due”.

“Ritenetemi vostro devoto servitore, come quelli là, i cavalieri del tavolino rotondo, che per una dama attraversavano il mondo”

C’è poi il ginecologo del consultorio, Domenico “Chiamami Mimmo”, che alla protagonista ricorda Robert Redford, attore che le piace molto e di cui conosce tutti i film, ma il suo sosia le sta profondamente antipatico.

I tre collaboreranno per aiutare la piccola Flo e sua madre.

Parallelamente si sviluppa un’altra storia che sembra svincolata da quella di Mina: il Pubblico Ministero De Carolis, rigido ed esageratamente serioso, e il maresciallo Gargiulo indagano su una serie di omicidi che hanno in comune la presenza, sul luogo del delitto, di dodici rose rosse.

“Perché dodici, si può sapere? Perché dodici, maledetto? I mesi dell’anno? Si era messo a smanettare, e aveva scoperto che dodici erano gli apostoli, dodici i cavalieri della dannata tavola rotonda, dodici gli dei maggiori dell’Olimpo. Dodici le fatiche di Ercole, dodici i Titani; perfino il numero sacro della trasformazione alchemica era dodici.”

Due piani narrativi differenti che per tutto il romanzo sembrano essere slegati tra loro.

Come si collegano le vicende di Mina con quelle del magistrato De Carolis? Riuscirà quest’ultimo a risolvere gli omicidi e a catturare l’assassino? Ovviamente potrete scoprirlo solo leggendo “Dodici rose a Settembre”.

Un breve romanzo giallo che si legge velocemente, intriso d’ironia e sarcasmo, dove i personaggi sono ben tratteggiati. Una storia gradevolissima, uno stile ineccepibile, scorrevole e brillante, uno di quei libri che quando chiudi l’ultima pagina ti trasmettono un senso di soddisfazione e benessere.

“Ma Mina sapeva che c’era di peggio, di molto peggio, quindi si godeva la passeggiata nella consapevolezza che ogni bella cosa ha una fine, come peraltro le aveva suggerito l’accordo introduttivo di ‘I will survive’ che il subconscio le aveva acutamente proposto.”

La_Bibliatra

(Marica)

Collana: La memoria
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 29 agosto 2019
Pagine: 288 p., Brossura
  • EAN: 9788838938306