Il tema dell’attesa è stato affrontato molte volte, in ogni epoca e in ogni latitudine, ma qui assume una particolare forma caratterizzata da una dimensione metafisica e surreale. Vladimiro ed Estragone aspettano Godot che non arriva e non arriverà. Al suo posto appare invece il feroce Pozzo, padrone delle terre sulle quali i due amici si trovano, accompagnato da Lucky, muto servo al guinzaglio. Il paesaggio è desolato, c’è solo un albero, la campagna è tetra e disabitata. In questa atmosfera rarefatta e atemporale Vladimiro ed Estragone parlano, litigano, confessano le loro pene. L’attesa si prolunga sino allo spasimo e niente si rivelerà. L’assurdo che irrompe nel quotidiano e che rimanda al tema esistenziale; la vacuità, il non senso, l’inutilità della vita, il nichilismo, le aspettative sempre deluse, un sentire asfissiante di oppressione e di beffa.
Chi è Godot? Dio, la bellezza, la fortuna, la sicurezza, la verità? Non lo sapremo mai, perché non si disvelerà. In compenso si sa che cos’è l’iniquità, l’ingiustizia, la soverchieria impersonate dal terribile Pozzo.
La grandezza dell’opera sta nel suscitare interrogativi e sensazioni, partecipazione e identificazione con le figure dei vagabondi. Li contraddistingue un’apatia e un’immobilità paralizzanti, come fossero soggiogati dall’evanescente figura di Godot; che non c’è e non viene, ma incombe come una spada di Damocle sul loro destino. Un’assenza che si fa presenza greve e significante presaga di sventura e nequizia.
Maurizio Faravelli
Traduttore: C. Fruttero
Editore: Einaudi
Edizione: 3
Anno edizione: 1970
In commercio dal: 1 gennaio 1997
Pagine: 115 p.
  • EAN: 9788806062477