Parigi 1941,tempi duri per gli abitanti del quartiere ebraico della capitale, le forze di occupazione tedesche si fanno sempre più minacciose. La famiglia Joffo gestisce un negozio di barbiere molto ben avviato, ma le restrizioni liberticide dei nazisti ,inducono il capofamiglia ad allontanare dalla Francia occupata tutti i componenti del nucleo famigliare, a due a due, fino ad arrivare a Maurice e Joseph,10 e 12 anni, che da soli, con l’aiuto soltanto di qualche “buon cuore e della fortuna, dovranno attraversare mezza Francia per ricongiungersi coi fratelli maggiori a Mentone, nella zona occupata dalle truppe italiane, decisamente meno oppressive di quelle germaniche. Senza documenti, con pochi soldi in tasca, i due ragazzi, dopo aver sostato a Marsiglia raggiungono, dopo non poche peripezie, Mentone e si ricongiungono coi due fratelli maggiori, Albert e Henry, ma la felicità dura ben poco: una sera qualcuno bussa alla loro porta, sono due poliziotti della milizia fascista francese che convocano per l’indomani Albert e Henry in prefettura…E allora di nuovo in marcia, anzi in fuga, per sfuggire al lavoro obbligatorio in Germania. Evitando Gestapo, delatori, solerti poliziotti collaborazionisti, arrivano a Nizza dove la loro paura e la loro angoscia trovano requie…fino all’otto settembre del ’43! Romanzo interamente autobiografico scritto dall’esordiente Joseph Joffo all’età di 42 anni, “Un sacchetto di biglie ” ebbe un successo mondiale inaspettato, rifiutato inizialmente da 14 editori, fu tradotto in 19 lingue e fu omaggiato da ben due trasposizioni cinematografiche(nel 1973 e nel 2017),l’ indimenticabile odissea di due bambini che lottano contro le assurdità del Terzo Reich.
recensione di Marco Meret