“I LAVORATORI DEL MARE” – UNA LETTURA CRITICA

Attenzione: la seguente recensione può contenere spoiler; pertanto si sconsiglia la lettura a coloro i quali non hanno letto il romanzo e non fossero interessati a scoprire dettagli sulla trama.

“I lavoratori del mare” è un romanzo scritto da Victor Hugo e pubblicato nel 1866. Nel 1883, Hugo pubblicò il saggio intitolato “L’Arcipelago della Manica”, che voleva porre come prologo del romanzo; ma i due scritti sarebbero stati pubblicati insieme solo nel XX secolo.
Il romanzo fa parte, come Hugo rivela nella prefazione, di una ipotetica trilogia, costituita inoltre da “Notre-Dame de Paris” e “I miserabili”. La trilogia rappresenta le tre necessità dell’uomo, ovvero le sue tre lotte: il dogma, la società, la natura.
Il romanzo fu ben accolto dalla critica, anche se molti scrittori disapprovarono il nuovo termine francese che Hugo introdusse nella sua opera: la parola “pieuvre” (“piovra”). Il romanzo costituisce, inoltre, il punto di partenza di un genere letterario nascente ispirato ai viaggi e alle avventure, che ha come capifila Jules Verne e Pierre Loti.

«”I lavoratori del mare” contiene tutti i temi trattati abitualmente da Hugo, con una variante in più, un elemento nuovo: la lotta dell’uomo contro la natura bruta, la volontà di dominarla attraverso l’intelligenza.» Con queste parole, Vittorio Orazi apre l’introduzione alla sua traduzione italiana dell’opera di Victor Hugo. È da questa considerazione che bisogna partire per comprendere “I lavoratori del mare”. Di fatto, Hugo non aveva mai trattato il tema della natura (soprattutto in prosa) con un sì ampio respiro. E non è solo la natura di Guernesey – luogo in cui Hugo era in esilio, negli anni della stesura di questo romanzo, e dove pensava di restare fino alla morte – con le sue spiagge e le sue rocce, i suoi villaggi di pescatori e i suoi luoghi mezzo francesi e mezzo inglesi, che l’autore vuole ritrarre ne “I lavoratori del mare”; è piuttosto un’«alleanza straordinaria dell’immateriale e del materiale», come ha scritto Jean-Marc Hovasse, quella che l’autore dipinge. La natura in senso lato è al tempo stesso il fondale di palcoscenico e il protagonista di quest’epopea.
Della natura in senso lato fa parte la natura umana. Sì, perché Hugo non rinuncia mai a indagare l’anima e la sensibilità dei suoi personaggi, e “I lavoratori del mare” non fa eccezione. I protagonisti non sono molti, in questo romanzo, ma sono autentici e ritratti con una modernità sconvolgente. Grazie a questa peculiarità, Hugo crea una storia che Emile Zola ha definito, negli articoli del 13 e 14 marzo 1866 sul periodico L’Événement, «semplice e straziante», proprio come i suoi personaggi. Guardiamo ad esempio Clubin, che fugge alla piena comprensione del lettore fino alla metà del romanzo, quando si scopre la sua identità turpe e morbosa, che l’autore descrive con effetti memorabili. Anche Déruchette non è la donna romantica per eccellenza, ma una ragazza bella e scaltra, intelligente e innamorata. È Gilliatt che resta, in ogni caso, il più grande personaggio del romanzo: l’autore s’identifica con questo proscritto, con quest’uomo che vive fuori dalla società e che tuttavia non cessa di lottare per ciò che ama. Per l’amore di una donna, compie una lotta contro la natura in cui un altro uomo avrebbe fallito. È a Gilliatt che Hugo confida la morale dell’insieme del romanzo: è, come aveva già notato Baudelaire nelle sue note, la «Glorificazione della Volontà», la forza dell’uomo, guidata dalla ragione, che si oppone alla forza della natura, guidata dalla fatalità.
E siamo arrivati al tema centrale del romanzo: la natura. Non è un tema nuovo, nella storia letteraria: al contrario, era il Romanticismo che s’era concentrato su questo argomento in tutta la sua ampiezza. «È quest’alleanza segreta del nostro essere con le meraviglie dell’universo che conferisce alla poesia la sua vera grandezza», aveva scritto M.me de Staël nel capitolo XIII della seconda parte del trattato “Della Germania” (1810). E anche la predilezione per l’elemento acqueo era un tema romantico, poiché l’acqua era vista come una rappresentazione perfetta dell’«onda delle passioni» (Chateaubriand, “Il Genio del Cristianesimo”, Libro III, seconda parte, capitolo IX) che freme nel poeta romantico.
Ciononostante, ne “I lavoratori del mare”, quest’alleanza non esiste più. La natura è ostile, o meglio, come Hugo scrive nel romanzo, «madre quando le pare, carnefice quando le piace» (Parte II, Libro IV, capitolo VI). In questa natura selvaggia, dominata da regole che l’uomo non può comprendere e cui da nome alternativamente di fatalità o casualità, in questa natura guidata dall’istinto, l’uomo guidato dalla ragione deve reagire. Con una straordinaria anticipazione dei temi che caratterizzeranno il romanzo moderno (prendiamo “Il vecchio e il mare”, capolavoro di Ernest Hemingway), Hugo realizza un immenso affresco dei rapporti fra l’uomo e la natura.
Ma Gilliatt che parte sulla sua “pancia” per l’amore di una donna e si oppone a delle forze più grandi di lui è anche un’immagine splendente dell’uomo degno della sua condizione. «Gli ostinati sono i sublimi. […] Il segreto delle anime grandi è quasi tutto in questa parola: Perseverando.» Sono le parole che Hugo scrive nel IV capitolo del Libro II della Seconda Parte. Gilliatt finisce così per costituire una delle più grandi esaltazioni dell’uomo nella storia della letteratura.
Questo personaggio che lotta per l’amore potrebbe sembrarci romantico (ancora più alla fine del romanzo): e, infatti, è romantico. Ma non dimentichiamo che la missione di Gilliatt è recuperare un motore a vapore. Una missione, dunque, guidata dall’amore, condotta contro una natura ostile, per il salvataggio del progresso. Con “I lavoratori del mare” comincia il crepuscolo del Romanticismo (che secondo alcuni critici finisce nel 1843 col fallimento dei “Burgravi”, ma che in realtà ha una vita ben più lunga), e nella scena letteraria francese fa irruzione la macchina, l’industria, la meccanizzazione, che sarà al cuore dei romanzi – fra gli altri – di Zola. Ma, al di là di quest’anticipazione del naturalismo, il senso del romanzo resta profondamente romantico. Come ha scritto Orazi, «l’insegnamento che ne consegue leggendo questa avventura marinaresca e sentimentale è che nessuna forza della natura è così incontrastabile quanto il rifiuto di una donna amata». Una morale pienamente romantica, ma inserita in un romanzo che è molto altro ancora…
Dall’amore al progresso, con in più il tema della lotta contro la natura: “I lavoratori del mare” è, in effetti, un capolavoro imprescindibile fra i romanzi di Victor Hugo. Un’opera che lascia percepire il profumo del mare, delle alghe, delle spiagge. «Le isole della Manica. Tepore. Fioritura»: con queste parole Charles Baudelaire descrive il romanzo nei suoi appunti. È anche grazie ai suoi aromi che “I lavoratori del mare” incanta ancora i lettori con una delle più grandi dichiarazioni di fede nell’uomo e nella sua forza, che a tutto può opporsi.

Eugenio Trovato