Alessandria d’Egitto, 415 dopo Cristo, tempo di quaresima. Ipazia la filosofa sta rientrando a casa. All’improvviso viene circondata da uomini guidati dal chierico Pietro il lettore. Non sappiamo cosa accade in quelle fasi concitate, di fatto Ipazia viene trascinata a forza e condotta all’interno della chiesa del Cesareo, Quartiere Generale del Patriarca Cirillo. Spogliata e strappata di tutto, non sappiamo quali e quante umiliazioni è costretta a subire, quali dileggi e quali oltraggi, oltre le accuse. Con cocci aguzzi tra le mani, dilagnano il corpo della donna, che poi viene fatto a pezzi e i suoi pezzi bruciati, e le sue ceneri sparse nel mar mediterraneo, per evitare idolatria del corpo della filosofa. L’assassinio di Ipazia rappresenta uno di quei momenti critici della storia in cui una serie di caratteristiche che denotano una certa società emergono, si sommano e sembrano convergere per produrre un evento eclatante, determinando poi, l’orientamento prevalente di quella società. Sul piano culturale si tratta di quel momento in cui si origina quella demarcazione tra filosofia e religione, o meglio tra le diverse correnti filosofiche del passato e la nuova filosofia cristiana. La sola colpa di Ipazia è di essere intellettuale che si trova al crocevia di uno scontro epocale di visioni del mondo. Buona Lettura

 

Giuseppe Romito