L’originale stile dello scrittore, mai scontato, ma teso a rivisitare in chiave moderna quello dei grandi scrittori del Novecento, D’Annunzio in primis, è il filo conduttore di una serie di racconti ambientati nel circondario dell’Etna, introspettivi e audaci. Le donne, il loro sguardo ammaliante, ma a tratti oggettivamente brutale, sono protagoniste di un mondo arcaico e moderno insieme, in cui l’oraziano “carpe diem” è la chiave di lettura per comprendere la trama, costruita con un punto di vista interno, atto a mettere in luce l’io narrante, teso a cogliere l’eternità e il dipanarsi del tempo nella fugacità del quotidiano. Ne nasce un susseguirsi incalzante di storie volte a celebrare, nel mutare cangiante del racconto, la vita, la bellezza, l’unione inappagata, ma anelata, fra uomo e natura, unione che è la vera protagonista del libro.
recensione di Maria Carolina Campone