“Nemmeno con un fiore”. Me lo avevano consigliato come un racconto sul bullismo, invece è molto
di più (e anche molto di diverso). La copertina allude ad una violenza, se si osserva l’alone rosato
sulla testa della ragazzina disegnata. Ma, come ama fare Silei, il lettore viene spiazzato in molti
passaggi del romanzo. Infatti, l’autore dosa sapientemente ogni elemento narrativo e tematico per
sorprenderci, indurci a riflessioni e tenerci incollati alle pagine. Tratta sì di violenza domestica,
maschilismo, gelosia ossessiva, emarginazione ma anche di amicizia, coraggio e umanità. Come?!
In sole 264 pagine? Sì. Ma non è tutto. Ogni capitolo della storia principale, è intervallato dalle
pagine di una diario che ci catapulta in Ungheria tra gli anni 1944 e 1945. La bambina che scrive ha
avuto la fortuna di essere salvata dal falso “diplomatico spagnolo” Giorgio Perlasca. Si scoprirà
solo da ultimo il motivo (anche se secondo me non ce n’è uno solo) della presenza di quelle pagine
di diario.
Il protagonista del romanzo è Nicola che, a dieci anni, interpreta le vicende della sua vita quotidiana
come il padre-padrone che gli ha dato il cognome pretende che siano: un’apparente famiglia felice e
una mamma sbadata e fragile. Nicola, seppur veneri suo padre come un eroe da imitare nei pensieri,
nei comportamenti e nelle parole, impara a sue spese e spesso controvoglia a soffermarsi sui dettagli
che fanno la differenza oltre a crescere.
A mio parere, è un romanzo di “formazioni”, uso volutamente il plurale perché gli incontri casuali o
quelli mancati, le persone cercate o evitate permettono ai personaggi principali (ben cinque in
totale) di maturare, limare qualche punto di ruggine e detergere qualche pezzetto di anima
opacizzato dal tempo e dalla rassegnata monotonia. Può far riflettere il fatto che Silei abbia deciso
di far condurre la narrazione a un decenne perché potrebbe indurre all’identificazione del giovane
lettore destinatario del libro, considerato il fatto che sempre un maggior numero di famiglie va
avanti a pane e violenza; d’altro canto, credo che la scelta potrebbe contribuire ad una reazione
uguale e contraria e a salvare, mettere in guardia ed educare alla gentilezza.

Irene Giacomelli