“«Chi dubita di se stesso», ha replicato lui, «di rado sbaglia»” Ho scelto di leggere “Pamela” con tutto l’entusiasmo di chi da piccola ha adorato “Elisa di Rivombrosa”, serie tv ispirata al romanzo di Richardson. Immaginate la delusione quando ha scoperto una storia brevissima ma sviluppata in quasi 700 pagine: lenta, lenta, lenta e stucchevole… e lenta! La storia è quella di una serva che si innamora del proprio padrone che inizialmente tenta di sedurla, poi la ricambia onorevolmente fino a decidere di sfidare la società e addirittura sposarla. Una favola in piena regola, in teoria! In pratica, un racconto che si ripete continuamente: nella prima parte, Pamela ribadisce la scelta e l’importanza di essere virtuosa, come le hanno insegnato i genitori, due povere ma rispettabili persone. E questa virtù viene ribadita, ripetuta e esaltata in tutte le salse possibili e immaginabili. Poi quando finalmente tra lei e il conte inizia a nascere un sentimento, il concetto evidenziato, sottolineato e reiterato è la gratitudine di lei nei riguardi di lui che si è dimostrato tanto generoso. Insomma, una vera noia! L’unica cosa che mi ha mandato avanti nella lettura era l’immagine del protagonista maschile che avevo nella mente mentre leggevo, con la figura di Alessandro Preziosi che lo interpretava nella serie tv. Il continuo ripetere i concetti (è un romanzo epistolare, costruito sulle lettere che lei indirizza ai genitori) e una trama che si potrebbe riassumere in un centinaio di pagine rende davvero pallosa la storia che, invece, come ci mostra “Elisa di Rivombrosa” aveva tutte le premesse per essere coinvolgente e romantica. Pamela, tra l’altro, è talmente concentrata sulla virtù e la bontà d’animo sua e degli altri, da creare un’atmosfera stucchevole e sdolcinata: finta. Non mi è proprio piaciuta questa lettura!

Alessandra Micelli