1985 – Fosco è un piccolo borgo affacciato sul mare della Calabria. Un pugno di vite che si apre pian piano sotto i nostri occhi: uomini impegnati in lotte di potere, donne impettite d’orgoglio che finiscono però col piangere gridando verso il cielo, figli che nascono col peso di un cognome da mantenere nell’onore “a Fosco si veniva al mondo con una propria origine e un proprio destino, e non c’era da aver voglia di cambiare. Era così e basta”. Non c’è spazio per sognare, non c’è posto per la fantasia, l’affetto si tiene nascosto “per non farci l’abitudine” e il desiderio della quindicenne Irene di fare la scuola d’arte sarà liquidata dalla madre come una “fesseria”. Il cugino Angiolino che vuole fare il cantante viene tirato per la giacchetta dal padre, inchiodato su una sedia e lasciato in punizione perché “masculu” deve essere. Rocco, il cui destino non è stato affatto generoso. Lorenza, passata dall’infanzia all’età adulta senza possibilità di scelta. In questo mondo di adulti i bambini crescono in fretta “Quando le campane del paese suonavano a lutto, il nome del defunto correva di bocca in bocca. I bambini non domandavano – Com’è morto? – ma – Chi l’ha ucciso?”. E poi c’è quella scala rotta che non può portare al mare. Non può essere ricostruita, il mare non si può raggiungere. Immagine simbolica potente, il mare, entrata nell’immaginario collettivo come desiderio di libertà, di fuga, di evasione. I ragazzi crescono sotto la penna delicata di Cereda e al lettore arriva poco a poco la consapevolezza che solo la speranza, unita all’azione, può dare vita ai sogni.

Editore: Perrone

Erika Maccan