Questo romanzo è un giallo ucronico: nel 1896 l’Italia non ha perso la battaglia cruciale della guerra di Abissinia, Matteotti non è stato ucciso barbaramente dai fascisti, il fascismo non ha detenuto il potere assoluto. Siamo nel 1956 Mussolini è ministro delle colonie, un uomo anziano e panciuto e a Macallè nel sud dell’Eritrea, il commissario Francesco Campani di origini toscane segue un caso di un delitto avvenuto cinquant’anni prima: durante gli scavi archeologici viene ritrovato un teschio con un foro di proiettile sulla nuca. Francesco, il protagonista principale dell’opera, guidato da una curiosità personale e da un senso di giustizia, insieme all’ispettore eritreo Anaya e all’affascinante dottoressa Emma Giusti dell’istituto agricolo coloniale, conduce un’indagine difficoltosa, ricostruendo un mosaico per un omicidio avvenuto molti anni prima. L’ucronia come molti magari non sanno è un genere letterario su eventi storici reali ma modificati dall’autore per consentire un percorso storico differente. Come sarebbe stato il mondo senza la caduta del nazifascismo? E l’Unione Sovietica senza lo stalinismo? Luca Ongaro con uno stile ironico e sferzante regala al lettore un romanzo appassionate, la sua immaginazione non banale è stato il giusto collante tra due generi narrativo apparentemente lontani tra loro.

Antonio Martino